In questa Italia dove viaggiare a 55 kilometri all’ora può essere un reato punibile con una multa e la decurtazione di alcuni punti dalla patente, gestire una banca con il piglio di chi è ben consapevole che il rischio può condurre anche alla bancarotta è invece un reato depenalizzato. Roba da Paese dei Balocchi, secondo alcuni, eppure è tutta una – brutta e spiacevole – realtà. Non solo: a fronte di una legge quantomeno opinabile, specialmente per noi che ora vogliamo ergerci a paladini del populismo, c’è anche chi questa legge l’ha promossa e si fregia di averlo fatto, salvo poi emulare il Checco Zalone di “Cado dalle Nubi” e fingere che non sia successo nulla.
In principio fu il ministro Brancher, nominato con un incarico quantomeno fumoso ed il sospetto che potesse ricorrere al “legittimo impedimento” così da non farsi processare: il nostro, lungi dallo stornare da sé ogni sospetto, richiese di usufruire della norma, scatenando un nugolo di polemiche. Stesso discorso può valere per Cosimo Latronico, senatore in quota PDL che davanti al sospetto di aver inserito un emendamento in finanziaria per introdurre un salvacondotto penale per i reati di bancarotta a vantaggio di Cesare Geronzi, presidente di Generali, è letteralmente caduto dalle nubi…
“Non conosco la posizione di Geronzi, ma l’emendamento tende, sulle procedure straordinarie per salvare le aziende, ad allineare la procedura penale a quella civilistica. Ciò nel corretto assunto che non si può considerare illecito ex post, ai fini civili come penali, ciò che è stato ritenuto in prospettiva legittimo dal giudice ovvero sulla base della valutazione di un esperto qualificato ex lege”. Levata di scudi delle opposizioni, alle quali Latronico ha risposto… laconico: “L’emendamento è stato proposto alla luce del sole in commissione e il Governo l’ha fatto proprio: non nasconde nessun intento di proteggere chicchessia”.