Basilea III: questa sconosciuta. Già, perché sapevamo di una “Milano Due” e di una “Milano Tre”, quartieri modello dell’hinterland meneghino, ma le “gemmazioni” di Basilea, tranquilla città svizzera, proprio ci erano sfuggite. In effetti Basilea III non è un piano urbanistico, bensì un accordo tra banche ed istituzioni che prevede, come accusano le associazioni degli imprenditori, significative “strette” al credito, già non poco vincolato da una serie di paletti che, se da un lato ne rendono efficace il controllo e cercano di evitarne gli eccessi, dall’altro hanno aumentato la difficoltà di accesso. Il tutto, in un particolare momento storico segnato da una crisi economica dalla quale è possibile uscire solo tornando a produrre, cioè ad investire, anche se Basilea III (è l’accusa) riduce i margini di manovra in tal senso.
Eppure, “Dalle norme di Basilea III, con l’aumento del capitale delle banche e della liquidità rispetto ai livelli attuali, emergono chiari benefici economici a lungo termine con una crescita della sicurezza e della solidità del sistema bancario globale”. Questo, almeno, è quanto oppongono ai detrattori i rapporti del Financial Stability Board (FSB) e del Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria (CBVB), diffusi al termine della scorsa settimana quasi a voler entrare nella polemica per garantire una cortese ma decisa smentita.
Sulla stessa lunghezza d’onda è Bankitalia: dalla valutazione del Comitato di Basilea per l’impatto economico a lungo termine emergono “netti vantaggi economici – ha detto il Governatore dell’istituto di Via Nazionale, Mario Draghi – a lungo termine dall’aumento del capitale minimo e della liquidità rispetto ai livelli attuali, al fine di aumentare la sicurezza e la solidità del sistema bancario globale. I benefici di un maggiore capitale e di liquidità accumulati possono ridurre la probabilità di crisi finanziarie e le perdite di produzione associate a tali crisi. I benefici – è la chiosa – superano i costi in modo sostanziale”.