Quando si gioca a Monopoli, può capitare di vincere anche investendo tutto quanto si possiede: basta salvare un cento lire (provare per credere…). Nella finanza reale non è così, o quantomeno così non dovrebbe essere, anche se invece è stato, ma ci hanno promesso non sarà mai più dopo l’approvazione – domenica scorsa – delle regole denominate di “Basilea 3”. Maggiore patrimonializzazione per le banche, requisito fondamentale per continuare ad esercitare. Ma come se la caveranno le banche italiane? Sicuramente benissimo, in special modo nella prima fase. A confermarlo è stato uno che di banche italiane deve intendersi, essendo il Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi: le banche italiane “mostreranno livelli di capitale molto superiori agli standard minimi richiesti”, saranno in grado di raggiungere gli ambiziosi obiettivi dell’accordo e “continueranno a sostenere le imprese e l’economia”.
In ogni caso, ha osservato Draghi, le riforme alla regolamentazione bancaria internazionale “non sono ancora finite”, sottolineando che i problemi delle grandi banche globali restano irrisolti. Ma avendo ben presente quale sarà la strada che gli istituti saranno chiamati a percorrere, Draghi può già cominciare ad impostare il mercato italiano secondo quelli che saranno i dettami che si scriveranno in futuro.
Anche il governatore della BCE, Jean-Claude Trichet, ha celebrato la firma dell’accordo di Basilea 3. Il trattato, secondo Trichet, “elimina l’incertezza”, fino a ora esistente. Non una cosa di poco conto, visto che proprio l’incertezza è stata ed è ancora “uno dei maggiori nemici” della ripresa economica. Al pari del suo “sottoposto” Draghi (la Banca d’Italia deve infatti soggiacere alle direttive della Banca Centrale Europea), anche Trichet si è detto convinto del fatto che le banche sapranno adempiere al proprio ruolo di finanziatrici dell’economia e volano del rilancio, anziché frenare la ripresa congelando il credito perché costrette a garantire requisiti patrimoniali elevati e ambiziosi.