La partita a scacchi che si gioca sulle pagine dei giornali è sempre meno comprensibile; eppure un filo logico, di qualunque sorta, ci deve essere, solo che noi ancora non siamo riusciti a coglierlo (e ce ne scusiamo). Se siete nostri attenti lettori (mentre se non lo siete vi rimandiamo a questo link), saprete bene che nei giorni scorsi i due leader politici di nazioni europee importanti quali la Francia e la Spagna, rispettivamente Sarkozy e Zapatero, hanno proposto una tassazione delle transazioni finanziarie da applicare in modo che i Paesi del mondo abbiano a disposizione risorse aggiuntive per raggiungere gli Obiettivi del Millennio (una serie di misure per ridurre la povertà e migliorare il livello di salute delle popolazioni più disagiate).
L’appello all’ONU ha fatto seguito ad una proposta già lanciata alcuni mesi prima in vista del G20 di Toronto, quando l’Europa aveva avanzato una mozione per richiedere che le transazioni finanziarie venissero tassate prima di trovare lo stop (grazie all’esercizio del diritto di veto) di Silvio Berlusconi ed un rinvio a data da destinarsi della misura. È invece di questi giorni l’ennesimo altolà al provvedimento in sede europea, e non un altolà strumentale o poco autorevole. È stata infatti addirittura la BCE, Banca Centrale Europea, a dirsi contraria ad una tassa sulle transazioni finanziarie.
Ad affermarlo, nel corso di un suo intervento al Parlamento Europeo, è stato il presidente dell’Istituto di Francoforte, Jean-Claude Trichet. “Secondo la nostra analisi”, afferma Trichet, “una tassa sui flussi finanziari non è auspicabile per ragioni economiche e finanziarie e per ragioni tecniche”. Infatti, come ha sottolineato il presidente, una tassa di questo tipo “sarebbe difficile da mettere in pratica”. Il rischio più grande, in realtà è che una tassa di questo tipo in Europa “crei uno spostamento delle transazioni finanziarie in altri luoghi”, ha obiettato, forse scrivendo la parola fine sulla vicenda, Trichet. Ci giurereste?