Chi più chi meno, (praticamente) tutte le aziende hanno pagato il proprio dazio alla crisi economica: chi “chiudendo bottega”; chi costringendosi a riorganizzarsi; chi –infine, ma sono pochi- riuscendo a trarre nuova forza e nuovo slancio, oppure nuovi mercati, dalle difficoltà altrui. Molti, spesso, a fronte di clienti che non pagano e dipendenti che reclamano, come è loro diritto, uno stipendio il più possibile puntuale e regolare, sono stati costretti a ricorrere all’aiuto di banche che non sempre si sono sentite nelle condizioni di ascoltare il grido d’allarme. La soluzione più immediata può essere, ancora oggi, rappresentata da un finanziamento; ma se per un singolo può bastare l’aiuto di una finanziaria anche piccola, per un’impresa è più facile che sia solo qualche grande banca a poter intervenire. Questo prova a fare, nello specifico ambito di agricoltura e allevamento, Banca Intesa-SanPaolo.
È così che è nato “Progetto Agricoltura”, un piano grazie a cui la banca scende “in campo con te” agricoltore o allevatore. Perché, anche indipendentemente dalla crisi, esistono esigenze strutturali delle aziende agricole per le quali può essere necessario che qualcuno metta a disposizione soluzioni flessibili e modulabili. Come avviene con il finanziamento Investimenti Agricoltura, che copre fino al 100% delle spese sostenute, entro l’importo massimo di 750mila euro (inclusa anche l’IVA nel caso di imprese in regime forfettario).
Per acquisto di terreni, fabbricati o quote di aziende agricole, il prestito può arrivare fino a 30 anni. Se invece si investe in impianti fissi, la banca vi aiuta con un piano di sostegno al massimo decennale. Sono 7 gli anni di prestito per acquisto di mezzi di produzione, siano essi nuovi o già usati, oppure per spese di innovazione, ammodernamento e riqualifica delle filiere produttive. “Solo” cinque, invece, gli anni di rientro per il caso di spese per il miglioramento dello standard qualitativo aziendale o l’anticipo pluriennale dei premi PAC.