Anche se il forum che si è tenuto a Davos (Svizzera) la scorsa settimana è parso a molti un anacronistico esercizio di omaggio al passato piuttosto che non un’occasione per gettare le basi di un futuro solido, sereno e più etico dell’economia mondiale, da quella riunione dei capi di governo sono emersi alcuni spunti realmente interessanti e incoraggianti per l’agenda politica –in particolar modo europea– dei prossimi mesi. Mentre il presidente francese Sarkozy si affannava a parlare di una tassazione delle transazioni finanziarie guadagnandosi gli sbadigli (quando non le invettive) dei principali banchieri del mondo, il cancelliere tedesco Angela Merkel rassicurava i mercati prendendo una posizione definita rispetto all’Euro ed alle numerose crisi che hanno rischiato (o potrebbero rischiare, in un futuro non si sa quanto lontano) di farlo cadere, mettendo in discussione l’intera impalcatura del progetto di uno Stato Europa.
“Se fallisce l’euro, fallisce l’Europa”, è stata l’opinione di Merkel, che poi ha argomentato ricordando come la crisi europea sia una crisi del debito sovrano (e non solo, aggiungiamo noi pensando al debito privato) e non della valuta in sé. Il cancelliere ha poi spronato i Paesi dell’area euro a darsi un maggiore coordinamento delle politiche economiche in un’ottica di costruzione del sistema sovranazionale.
A Davos ha parlato anche Giulio Tremonti, invitando tutti i Paesi cosiddetti più industrializzati (quelli del vecchio G7, per intenderci) a ridurre il proprio budget pur non facendo venire meno il livello di welfare offerto ai cittadini fino a ieri, perché l’insicurezza è alla base del riemergere di partiti e istanze di estrema destra qua e là per il mondo (pensiamo ai “Tea Party” statunitensi, tra i vincitori delle elezioni di Mid Term dello scorso novembre). Anche Tremonti ha voluto gettare uno sguardo sulla realtà europea, ricordando che “il modello economico europeo non può essere basato soltanto sulla domanda interna e sulle esportazioni” ma necessita anche della “domanda pubblica e degli investimenti pubblici. Ecco perchè proponiamo gli Eurobond”.