Sono 11 le banche in amministrazione straordinaria della Banca d’Italia. Un’altra, la Banca delle Marche, è invece in gestione provvisoria. È quanto emerge dall’ultima rilevazione compiuta dall’istituto banchiere, che ha reso noto l’elenco delle aziende di credito che sono state recente oggetto di provvedimenti straordinari di rilevanza più o meno elevata.
A registrare il maggior numero di istituti presenti nell’elenco delle aziende in amministrazione straordinaria sono soprattutto le Banche di credito cooperativo. Si tratta in particolare delle Bcc di Monastier e del Sile, di S.Francesco, del Veneziano, Euganea e Ospedaletto, di Alberobello e Sammichele di Bari.
Ad ogni modo, non sono solamente gli istituti di credito cooperativo a finire nel recinto delle amministrazioni straordinarie. Finiscono nell’elenco anche la Tercas – Cassa di risparmio della provincia di Teramo, la Banca Popolare di Spoleto, la Cassa di risparmio di Ferrara e l’Istituto di credito sportivo. Ancora, sono all’interno dell’elenco la Banca dei due mari credito cooperativo e la Bene Banca Credito Cooperativo di Bene Vagienna. Tra gli intermediari non bancari, invece, figurano Spoleto Crediti e Servizi Società Cooperativa.
Discorso parzialmente diverso per la Banca delle Marche, non formalmente in amministrazione straordinaria, bensì propria dello status di “Gestione provvisoria”. Uno status che Federconsumatori e Adusbef vorrebbero fosse esteso anche a Carige, dopo la pubblicazione, da parte del quotidiano ligure Secolo XIX, della relazione della Vigilanza sulla presenza di “estese lacune nei sistemi di governo e di controllo, con conseguenze sulla gestione dei rischi”.
Una situazione che secondo quanto afferma l’ipotesi formulata dal Secolo XIX, potrebbe riservare qualche sgradita sorpresa sui conti societari, e ciò nonostante la pulizia di bilancio compiuta tra il 2012 e la prima parte del 2013, proprio su impulso sostanziale della Banca d’Italia. Nella semestrale di Carige, il rapporto tra i crediti deteriorati e quelli alla clientela era pari al 15,1%, contro il 17% che la Banca d’Italia presume come stima più attendibile.