Il conto corrente ha dei costi che possono anche essere alti. Si dividono in costi fissi e costi variabili, che dipendono da vari fattori. Quelli fissi sono attribuibili al conto stesso e alle tasse, mentre quelli variabili dipendono dall’utilizzo che si fa del conto.
Il canone è un costo fisso, spesso mensile, pagato per i costi di gestione. Spesso le banche offrono in questo costo anche un numero di operazioni specifico, che a volte possono essere anche illimitate. Conviene se il cliente deve effettuare molte operazioni mensili. In caso contrario, meglio scegliere i conti a canone zero. Se si fanno molte operazioni invece, il canone con operazioni illimitate è l’ideale, in modo da non avere molte spese, che sono la somma delle singole operazioni.
L’imposta di bollo dipende dal saldo. È obbligatoria per i conti che mediamente superano i 5000 euro di saldo medio, ed è di 34,20 euro, da versare allo stato, per le persone fisiche, e di 100 euro per quelle giuridiche.
Le Commissioni si pagano in genere sulle singole operazioni, quando sono escluse dal canone. Ogni operazione, dal bonifico all’assegno, fino al pagamento delle bollette o alla spedizione dell’estratto conto, hanno un costo quando previsto dal contratto.
Il Bancomat potrebbe avere un costo, anche se ormai, la maggior parte degli istituti, lo offre gratuitamente.
L’estratto conto ha sempre un costo, a meno che non sia esclusivamente online. La versione cartacea deve essere spedita, e stampata, ed ha quindi dei costi. Anche altre comunicazioni cartacee possono essere a carico del cliente.
Le spese di chiusura del conto sono oggi vietate per legge, ma alcune banche riescono ancora ad addebitarle al cliente, complice qualche distrazione.
Lo scoperto, meglio noto come fido, è spesso utilizzato dalle aziende, ed è un interesse applicato quando si va in rosso. Meglio contrattarlo prima, se si è un’azienda, o evitare di andare in rosso.
La liquidazione periodica invece, chiude i conti tra spese e interessi a scadenze predefinite.