La scorsa settimana abbiamo provato ad approfondire la qualità del livello di sicurezza che possono offrire le carte di credito: è migliore o peggiore rispetto a quanto prospetta il bancomat? A quanto è emerso dalla nostra indagine, il bancomat avrebbe il vantaggio di essere più difficilmente clonabile. Oggi la conferma: il dipartimento della Giustizia americano ha infatti scoperto il più vasto furto di identità digitali della storia. Un uomo di Miami, il ventottenne Albert Gonzalez, e due hacker che “vivono in Russia o vicini alla Russia”, sono stati incriminati per avere rubato 130 milioni di numeri di carte di credito dalla Heartland Payment System, una delle più grosse società di transazioni elettroniche. Lo ha annunciato la magistratura del New Jersey.
In meno di due anni, poi, i tre esperti nella violazione delle barriere informatiche avrebbero trafugato – sempre secondo l’accusa della magistratura, come riferita da Repubblica – anche 4 milioni di dati dalla catena di supermercati Hannaford ed un numero non ancora precisato dalla 7-Eleven, una catena di negozi presente in 19 Paesi e popolarissima negli States. A conferma del fatto che nell’utilizzo della carta di credito non è sufficiente neppure usare la massima attenzione, ma serve anche un po’ di buona sorte, ecco le modalità del colossale furto: si studia il sistema di difesa elettronica della “vittima”, poi con un software approntato ad hoc si riesce a tracciare in tempo reale i movimenti delle carte all’interno dei network delle aziende monitorate.
Il tutto con una rete veramente World Wide, come internet si vanta di essere: la comunicazioni tra i malfattori avvenivano infatti tramite chat, semplicemente. Un passo necessario, questo, se si pensa che per l’hackeraggio sono stati usati computer in California, Illinois, New Jersey, Lettonia, Ucraina e Olanda. “Get rich or at least try” (diventa ricco o almeno provaci) era l’ambizioso nome del piano, che fino ad oggi era pure andato a buon fine. Fino ad oggi…
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