I ribassi più consistenti hanno coinvolto le città Venezia (-34% di calo medio), Cuneo (-30,6%), Pescara(-18,1%), Milano (-17,5%) e Bologna (-17,2%).
Il mercato delle locazioni assiste ormai da cinque anni a una forte diminuzione dei canoni su buona parte del territorio nazionale. A confermare questo trend è un’indagine della società di studi economici Nomisma, la quale ha messo a confronto i prezzi degli affitti registrati tra il 2010 e il 2015, rilevando una riduzione fino al 30% nei capoluoghi della penisola.
I ribassi più consistenti hanno coinvolto le città Venezia (-34% di calo medio), Cuneo (-30,6%), Pescara(-18,1%), Milano (-17,5%) e Bologna (-17,2%). Nella graduatoria dei risultati con segno meno si trovano la maggior parte delle grandi città: Napoli (-14%), Torino (-13,1%), Palermo (-12,7%), Firenze (-11,4%), Roma (-10,4%) e Genova (-9,9%).
Risultati in controtendenza si segnalano solo in un numero limitato di centri di piccole e medie dimensioni. Gli aumenti non superano il 3,5%, a eccezione del 5,7% rilevato a Forlì, seguita dal +3,3% di Brindisi, dal +2,7% di Benevento, +2,1% di Rovigo e +1,9% di Crotone.
Così il Nomisma:
Sui canoni di affitto ha influito negli ultimi anni un fattore fondamentale, quello della crisi economica che ha diminuito la capacità reddituale delle famiglie. Il numero di utenti che si è rivolto al mercato delle locazioni, anche per via delle difficoltà a ottenere un mutuo, è cresciuto notevolmente negli ultimi anni. A confermarlo sono i contratti registrati ogni anno all’Agenzia delle Entrate, passati tra il 2011 e il 2015 da 1,4 a 1,6 milioni. Le formule contrattuali scelte da locatori e inquilini sono state messe in luce proprio dall’Agenzia delle Entrate tramite il Rapporto immobiliare residenziale 2016, un’analisi che ha riguardato 821 mila abitazioni locate per le quali è stato possibile incrociare i dati reddituali e catastali.
Sul territorio nazionale i contratti liberi coprono il 60% del mercato, quelli concordati rappresentano il 20,2% del totale. Il resto si divide tra 15,8% dei contratti transitori e il 2,2% di quelli per studenti.