A volte ci sembra che finora si sia solamente scherzato, visto che misure venduteci come “di rigore” sono state prima annacquate e poi inasprite di nuovo sull’onda di una crisi economica che pare essere più grave di quanto ci si voglia far credere, ma per superare la quale – questa, almeno, ci sembra essere la strada che stanno percorrendo i Governi di tutto il mondo – è inutile piangersi addosso mentre è molto meglio praticare un sano (dunque non scriteriato) ottimismo così da avere la forza e la determinazione necessari per superare l’ostacolo. Guardiamo, ad esempio, al comparto bancario, dove è stato trovato un accordo di massima sui requisiti di capitale per le grandi banche “sistemiche”.
Ossia quelle “too big to fail”, troppo grandi per poterci permettere il lusso di farle fallire, dal momento che qualora questa malaugurata ipotesi dovesse verificarsi, esse trascinerebbero con sè nel crollo anche altri istituti e forse intere nazioni, almeno a giudicare da quanto sta emergendo con le banche tedesche e francesi in Grecia. I governatori delle banche centrali riunitisi nel fine settimana a Basilea hanno raggiunto un accordo che stabilisce cuscinetti di capitale aggiuntivi fino a 2,5 punti percentuali rispetto alle soglie stabilite dalle già severissime misure di Basilea 3, un protocollo d’intesa che nei mesi scorsi aveva determinato alcuni requisiti di capitale molto strigenti in capo alle principali banche internazionali.
La stretta sulle banche sistemiche al momento è solamente una proposta, che dovrà essere sottoposta a consultazione a partire da fine luglio; dopodiché, approderà al Financial Stability Board guidato da Mario Draghi, attualmente alla guida anche della BCE e della Banca d’Italia fino alla nomina di un successore, in vista del G20 del prossimo autunno. Come era facile immaginarsi, le grandi banche hanno levato gli scudi cominciando una strenua opposizione alle misure, con una lobby “vigorosa” (sono parole dell’autorità che assicura i depositi USA) per cercare di limitare i danni.