Anche in questo specifico ambito, possiamo fare meglio rispetto all’anno precedente. Peccato, però, che si tratti di una classifica “alla rovescia”, basata sul conto delle banche che hanno dichiarato fallimento a partire dallo scorso primo gennaio. È un po’ come sgranare la corona di un infinito Rosario: per chi non crede, ma magari si ritrova ad ascoltarlo mentre sta onorando la memoria di un caro, esso è una preghiera interminabile, che proprio quando sembra essere finita ritrova nuovo vigore e comincia con un nuovo ciclo di narrazioni, invocazioni e dialoghi mistici. Del resto nell’ambito specifico delle banche, a valere è una spietata selezione naturale: il più forte, il più robusto, il più adatto sopravvive; il più piccolo ed indifeso, invece, è destinato a soccombere, “mangiato” dal pesce grosso.
Tutto questo per dire che continuano, anche se sono molti gli indicatori che affermano la crisi economica mondiale sia ormai giunta al proprio capolinea, i fallimenti di banche negli Stati Uniti. Sono stati cinque, lo scorso venerdì, gli istituti che hanno dichiarato il loro fallimento e che sono stati posti sotto la tutela della Federal Deposit Insurance Corporation (Fdic). Sale così a 109 il numero di banche che dall’inizio dell’anno sono fallite negli Usa. Nel 2009 erano state 140. Quelle che hanno dichiarato il loro fallimento venerdì sono LibertyBank, Eugene, (Or); The Cowlitz Bank, Longview, (Wa); Coastal Community Bank, Panama City, (Fl); Bayside Savings Bank, Port Saint Joe, (Fl) e NorthWest Bank & Trust, Acworth, (Ga).
L’argomento non è di poco rilievo: la caduta di queste banche che potremmo definire, per fare un paragone con il mercato italiano così da semplificare la comprensione, “Popolari”, potrebbe portare ad una concentrazione di capitale nelle mani di pochi grandi gruppi. Ma abbiamo già visto come questi sanno operare: pur di cercare il profitto a tutti i costi si espongono a rischi enormi, contando sul paracadute di uno Stato che non può permettersi di farle fallire.