Dopo gli ultimi attacchi informatici anche i governi del mondo hanno cominciato a valutare la necessità di una regolamentazione internazionale dei traffici in Bitcoin.
Nei giorni scorsi ha fatto sicuramente molto discutere l’incresciosa vicenda occorsa ad una delle piattaforme online più note a livello internazionale per le transazioni in Bitcoin, la più antica e quotata fra le criptovalute oggi esistenti al mondo.
Ancora non è chiaro se la piattaforma Mt. Gox sia stata vittima di un attacco hacker o sia stata implicata in problemi di ordine finanziario interno, ma la scomparsa di una grande quantità dei Bitcoin gestiti ha portato governi nazionali e autorità centrali a riflettere sul caso.
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I problemi di Mt. Gox hanno fatto perdere alla moneta virtuale il 20 per cento del suo valore e un analogo problema è capitato alla piattaforma Bitstamp, in cui le quotazioni sono scese subito di molto. Secondo una compagnia USA che opera nel settore della sicurezza informatica gli attacchi cibernetici alle piattaforme online per il trading, anche virtuale, hanno fatto registrare nell’ultimo periodo un decisivo incremento, tanto che sono entrate nel mirino dei pirati informatici, sin dal 2011, anche grandi realtà fisiche come Bank of America, Jp Morgan e American Express.
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Così anche i governi del mondo hanno cominciato a valutare la necessità di una regolamentazione internazionale dei traffici in Bitcoin. La Russia, ad esempio, vorrebbe vietare del tutto l’uso della moneta, il Giappone ha dato il suo avallo alla gestione del caso Mt. Gox e cerca supporto internazionale, la Federal Reserve si è dichiarata estranea ai fatti anche se gli Stati Uniti valutano la possibilità della concessione di licenze. Su questo problema l’Italia ancora tace, ma forse non per molto.