Siamo in attesa di conoscere il programma di governo dell’Esecutivo presieduto da Mario Monti che, in ogni caso, ha già annunciato di voler seguire una linea d’azione che ruota intorno a tre parole chiave. Condivisione (programmatica), equità (sociale), crescita (economica). Nel discorso formulato al ramo più selettivo del Parlamento, Monti ha altresì riferito ai senatori che il fine ultimo di tutto l’operato deve essere quello di creare risposte e aspettative, opportunità e futuro al contesto giovanile.
I Neet e i “o così o niente”: che fine fa il Diritto al Futuro?
I giovani, quindi, quale motore e carburante. E’ la sfida nella già gravosa avventura di rimettere a posto i conti del Paese: significa non ignorare che esiste una cospicua fetta di under 30 – la chiamano generazione Neet, acronimo anglosassone che sta per “not in education, employment or training” – che non studia, non lavora e non si attiva per cercare una occupazione. Le stime rese note qualche giorno fa certificano il numero dei Neet italiani in 2,2 milionidi persone, il 23,4% del totale. Non va meglio neppure se la fascia di età si alza da 30 a 35, includendo i laureati: si scende poco, dal 23,4% al 20%. Pare che l’immobilismo sia dettato dalla sfiducia.
Significa, a maggior ragione, non trascurare il fatto che – laddove occupati – i giovani si trovano a convivere forzatamente con la stipula di contratti che non offrono garanzie nè economiche nè strutturali. Come pensare di metter su famiglia se al 31 dicembre non saprò di che morte morire? Come immaginare l’eventualità di lasciare casa di mamma se gli ottocento euro al mese di cui beneficio finiranno a fine anno, visto che non mi rinnovano un contratto a progetto? Ancora: chi mai accetterà la mia richiesta di accendere un mutuo per l’acquisto di una casa se le garanzie che mi vengono richieste sono a tal punto rigide da escludere a priori la possibilità che una residenza possa anche solo intenderla come obiettivo a medio-lungo periodo?