In questo momento molti correntisti di parecchie banche italiane pagano delle commissioni salate, salatissime, per le scoperture temporanee in conto corrente, anche se lo scoperto è di un solo euro e per pochissimi giorni. Anche l’Antitrust in merito ha voluto vederci chiaro, e dopo aver effettuato un monitoraggio ha inviato al Parlamento, al Governo ed alla Banca d’Italia una segnalazione nella quale viene specificato come le commissioni bancarie introdotte dagli istituti di credito, in concomitanza con l’abolizione della commissione di massimo scoperto, siano onerose ed ancor più penalizzanti a carico dei correntisti. Della stessa idea però non appare l’ABI, Associazione Bancaria Italiana, la quale invece con una nota ufficiale ha sottolineato come gli oneri a carico dei correntisti con le nuove commissioni non siano più alti, ed ha invitato l’Antitrust ad un confronto anche per analizzare in maniera più approfondita le caratteristiche del monitoraggio effettuato dall’Autorità.
Intanto però i Consumatori sembra abbiano rotto gli indugi e, dopo l’entrata in vigore della class action, a partire dalla giornata di ieri, 1 gennaio 2010, sono pronti ad avviare una causa collettiva risarcitoria proprio a carico e contro gli istituti di credito. La prima Associazione a muoversi in tal senso è stata il Codacons, che in particolare stima in ben 6,25 miliardi di euro la somma che le banche saranno chiamate a restituire ai correntisti; l’Associazione, infatti, stima in 25 milioni i correntisti interessati, i quali nello specifico possono partecipare, rivolgendosi al Codacons, anche visitando il sito Internet, alla class action chiedendo ciascuno un risarcimento pari a 250 euro.
A breve, quindi, si vedrà quale sarà l’effetto positivo ed il vantaggio dell’utilizzo della class action a tutela dei consumatori, i quali fino ad ora non potevano accedere, così come avviene ad esempio negli Stati Uniti, ad uno strumento di tutela collettiva che abbatte i costi e può restituire il maltolto ai cittadini. La Legge sulla class action non prevede tra l’altro la retroattività, ragion per cui non è applicabile, ad esempio, a scandali finanziari del passato come quello legato al crac della “vecchia” Parmalat.