Il datore di lavoro o la banca versano direttamente ad Equitalia quanto avrebbero dovuto versare di diritto al lavoratore o al correntista, che è dunque costretto a saldare il debito. Questa procedura forzata segue regole e tempistiche precise, che il debitore insolvente deve conoscere per poter limitare i danni.
La prassi, in caso di insolvenza, puo’ essere delicata. Il debitore rischia una procedura di pignoramento dei suoi beni. L’impatto puo’ differenziarsi in base al debito contratto e al suo importo.
Tutto sta nelle azioni che il creditore sceglie di compiere. Parliamo di pignoramento presso terzi nel momento in cui Equitalia, al fine di soddisfare la richiesta di un creditore che attende il rimborso, pignora un bene del debitore. Si tratta di un bene che spetta lui, del quale è a sua volta creditore. In alcuni casi viene pignorato lo stipendi o il conto corrente.
Il datore di lavoro o la banca versano direttamente ad Equitalia quanto avrebbero dovuto versare di diritto al lavoratore o al correntista, che è dunque costretto a saldare il debito. Questa procedura forzata segue regole e tempistiche precise, che il debitore insolvente deve conoscere per poter limitare i danni.
Questa la procedura cautelare disciplinata da Equitalia:
Il cittadino ha tempo 60 giorni a partire dalla notifica della cartella per provvedere al pagamento di quanto dovuto o richiedere ed ottenere la rateizzazione del debito, iniziando subito a corrispondere la prima mensilità. La richiesta di rateizzazione può essere inoltrata agli sportelli di Equitalia oppure per via telematica, dal sito dell’ente. Quest’ultima soluzione, se attivata tempestivamente, blocca la procedura di pignoramento ed evita problemi più gravi. Passati i 60 giorni dalla notifica di pignoramento infatti l’ente può procedere alla riscossione diretta, dalc onto corrente, dallo stipendio o dalla pensione. Sono stabiliti dei limiti di legge rispetto alla cifra pignorabile. Per quanto riguarda stipendi, pensioni e altri accrediti derivanti dal lavoro del contribuente, la quota pignorabile è pari a un decimo per entrate fino a 2.500 euro, pari a un settimo per entrate comprese tra i 2.500 e i 5.000 euro e pari ad un quinto sopra i 5.000 euro. Se si tratta invece di pignorare il conto corrente si prevede che venga escluso dal processo l’ultimo stipendio o l’ultima pensione, che restano a disposizione.