La crisi economica è un fatto: c’è stata, ha avuto conseguenze terribili (specialmente per alcune famiglie), non sembra essere stata sconfitta sebbene vi siano alcuni segnali, confortanti, di ripresa. Fin qui, però, siamo consapevoli di non dire niente di nuovo, dal momento che la vera novità ci pare possa essere solo una strategia di uscita dal pantano della recessione. Una exit strategy che sia in grado di ricostruire livelli di ricchezza almeno simili a quelli esistenti in precedenza, ma fondata su principi meno spietati rispetto a quelli applicati fino a l’altroieri (anche se qualcuno continua ad applicarli…). Per orientarsi rispetto al futuro, la Federazione delle Banche di Credito Cooperativo ha svolto un meeting a Verona atto a cercare gli strumenti di una finanza giusta ma non per questo meno competitiva.
Tutto questo potrebbe essere possibile seguendo il dettato dell’enciclica di Benedetto XVI “Caritas in veritate”, dove – secondo il presidente di FederBCC, Alessandro Azzi – “si parla di produzione di ricchezza, non di autosufficienza”. Già, perché secondo molti la finanza etica da più parti auspicata è anche un modello destinato a non riuscire a crescere, quindi incapace di riportare l’economia mondiale al livello di benessere pre-crisi. Ma la Federazione delle Banche di Credito Cooperativo non ha voluto fare di quello di Verona un convegno di finanza cattolica, bensì un momento di riflessione rispetto alla visione cattolica della finanza, “che può dare un orientamento in questa crisi”.
La soluzione, secondo Paolo Bedoni (presidente di Cattolica Assicurazioni) è una e una sola; per giunta, avrebbe già dimostrato di poter funzionare proprio con la compagnia di previdenza, che di questi valori ha fatto il proprio motto e che nonostante tutto è riuscita a tornare a fare utile nel 2009: “Attenzione al territorio e al rapporto con i soci”. La strada è tracciata; poi, come sempre, sarà la Storia a decretare il nome del vincitore…
