Il tetto agli stipendi dei manager sparirà. La norma proposta dal senatore dell’Italia dei Valori (nonché presidente dell’associazione dei consumatori Adusbef) Elio Lannutti, e passata mercoledì della scorsa settimana in Senato anche grazie ai voti della maggioranza, sarà modificata con un intervento del Governo. L’annuncio è giunto nientemeno che dal titolare del dicastero dell’Economia, Giulio Tremonti, il quale ha anticipato la correzione di una misura giudicata “Incostituzionale” dal Tesoro e che ha generato non poco caos all’interno del mondo politico e delle istituzioni, con la dura condanna espressa dal Presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia.
La norma incriminata, passata con un subemendamento alla Legge comunitaria 2009, impone che i compensi ai manager delle società quotate in Borsa non possano superare lo stipendio annuo lordo che spetta ai Parlamentari, vale a dire circa 350mila €uro all’anno, e vieta il pagamento tramite le cosiddette “stock option”. Il risultato è quello di mettere all’improvviso fuorilegge tutte le remunerazioni delle principali società quotate, difatti le imprese hanno reagito male parlando di norma “populistica” (e questo è stato solo il più edulcorato dei commenti). Le parole di Tremonti hanno fatto rientrare l’allarme, anche se lo stesso ministro ha avvertito le imprese: questa norma è sbagliata, ma il tema degli stipendi dei manager è un argomento importante dell’agenda politica.
In sostanza, come spesso accada in politca, si tratta di dare un colpo al cerchio ed uno alla botte, in modo da scontentare tutti e nessuno. Tremonti ha infatti posto il problema di una cosiddetta “moralità” nelle retribuzioni dei top manager, facendo così storcere il naso a Confindustria, ma per contro ha fornito all’associazione stessa il “contentino” rappresentato dal dire che non è il tetto in sé ad essere sbagliato, semmai la quantificazione (troppo bassa) dello stesso. Certo è che un problema di moralità si pone, ma anche un problema di giusta retribuzione: il manager è un po’ come l’allenatore di una società di calcio, più è capace e più guadagna, e porre un tetto – magari mentre altri in Europa non si pongono il problema – significa rischiare di far emigrare i migliori in altre aziende di altre nazioni, dacché queste potrebbero offrire compensi più gratificanti.