Nella scelta di un conto corrente è opportuno analizzare anche la solidità finanziaria della banca. Il dissesto delle finanze di un istituto di credito non è ipotesi rara e ci si chiede che fine potrebbero fare in questo caso i soldi depositati in conto corrente e gli eventuali titoli. Nel caso in cui fallisca una banca – come molti correntisti sapranno – oggi il rimborso copre circa 100mila euro. Quel circa corrisponde nella precisione a 103.291,38 euro. Una direttiva dell’Unione Europea stabilisce che rispetto all’attuale limite si ridurrà di 3.291 euro l’importo che originariamente era stato dimensionato. Il decreto legislativo di attuazione è arrivato nei giorni scorsi al Consiglio dei ministri.
I termini per il rimborso saranno invece accorciati, considerato che dovranno giungere entro venti giorni dalla liquidazione coatta (sebbene il termine sia prorogabile fino a trenta giorni da Bankitalia in circostanze eccezionali). La scelta presa attraverso la direttiva dell’Unione (n.94/19 CE) deriva dalla necessità di armonizzare i livelli di protezione dei correntisti in tutta l’Unione Europea. Oggi difatti essi sono molto diversi da Paese a paese: dai 50mila euro fino al rimborso illimitato, due misure entrambe poco protettive del diritto del correntista. Sebbene il tema abbia riguardato in questo periodo solo relativamente l’Italia, in altri Paesi Europei, quali ad esempio l’Irlanda, il tema è stato decisamente più “caldo”.
L’attuale normativa prevede invece un rimborso di 103.291,38 euro, ma con tempi di rimborso più lunghi. L’approccio di armonizzazione minima adottato in precedenza aveva prodotto in Europa differenze significative tra i livelli di copertura negli Stati membri che sono attualmente molto eterogenei: vanno da un minimo di 50 mila euro per alcuni Paesi a garanzie illimitate per altri. La nuova direttiva, al fine di evitare distorsioni e garantire condizioni operative uniformi nel mercato interno, stabilisce un livello di copertura uguale per tutti gli operatori dei Paesi UE.