Nel nostro Paese le imprese, in particolar modo quelle medie e piccole, molto spesso sono costrette a ricorrere a finanziamenti attraverso il canale bancario anche quando in teoria, ma anche in pratica, non ne avrebbero bisogno. Questa tendenza, tra l’altro, si è fortemente accentuata negli ultimi due anni a causa della crisi che ha ulteriormente allargato i tempi medi tra l’emissione delle fatture ed il loro reale ed effettivo pagamento. A mettere palesemente in evidenza questa situazione è stata la CGIA di Mestre, la quale nello specifico ha rilevato come ogni anno in Italia le imprese siano costrette ad assumersi costi complessivi stimabili in ben dieci miliardi di euro a causa del ritardo nei pagamenti.
In base alle rilevazioni effettuate dall’Associazione degli artigiani mestrina, chi se la passa peggio da questo punto di vista sono i lavoratori autonomi e le piccole imprese, e la situazione diventa chiaramente ancor più grave quando, a fronte di una richiesta di credito in banca da parte delle PMI a causa di un “pacchetto” di fatture scadute e non ancora saldate, queste si vedono chiusa la porta da parte degli istituti di credito.
I finanziamenti per le imprese, quindi, non sono solo e spesso finalizzati ad investire in innovazione, ma anche a ripristinare la dovuta elasticità di cassa, come soluzione al ritardo nei pagamenti; questo al fine di evitare una vera e propria asfissia finanziaria causata non solo dal mancato pagamenti di fatture entro i termini previsti nell’ambito del rapporto tra le imprese, ma anche e molto spesso a causa dei ritardi cui è costretta letteralmente a “sottostare” l’impresa nei confronti della Pubblica Amministrazione. Ma, secondo quanto sottolinea la CGIA di Mestre, una direttiva comunitaria in via di approvazione per il mese prossimo potrebbe e dovrebbe mettere fine a questo annoso problema. La direttiva, infatti, impone agli Enti pubblici il saldo delle fatture entro 30 giorni dalla data di emissione.