I sicuri benefici della politica monetaria, prescritti dalla dottrina liberista, che vuole in primo luogo che la liquidità riprenda il suo posto sui mercati, si trasferiscono all'economia reale o restano confinati nel mondo della finanza internazionale?
In questo post vogliamo proporre un breve momento di riflessione su quello che sta avvenendo – e che in realtà avviene già da diversi mesi – a livello di politica monetaria condotta dalle banche centrali e a livello di finanza internazionale e economia reale. Vogliamo cioè capire se in questo periodo in cui c’è un così disperato bisogno di credito, questi tre importanti settori dell’economia siano effettivamente in comunicazione tra loro e si supportino a vicenda.
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La linea di condotta delle banche centrali, dalla FED della ex direzione Bernanke, alla Banca Centrale Europea di Mario Draghi, alla Banca del Giappone, è quella di mettere a disposizione delle banche e degli istituti di credito grandi quantità di denaro a costo più che agevolato, comprare miliardi di obbligazioni e tenere lontana la deflazione con ogni mezzo.
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Questi sicuri benefici della politica monetaria, prescritti dalla dottrina liberista, che vuole in primo luogo che la liquidità riprenda il suo posto sui mercati, si trasferiscono all’economia reale o restano confinati nel mondo della finanza internazionale? Grazie a questi enormi incentivi e prestiti, le banche, cioè, sono in grado di finanziare le imprese che ne hanno bisogno per aprire nuovi centri di produzione, assumere nuovi dipendenti e far ripartire la produzione?
Le statistiche parlano purtroppo del verificarsi del fenomeno inverso, quello del carry trading. Le banche cioè beneficiano di questa immissione di liquidità a bassissimo costo nel sistema finanziario, ma la utilizzano per l’acquisto massiccio di titoli di stato, operazione che frutta un guadagno. Le grandi imprese che emettono propri bond, del resto, non hanno bisogno di liquidità in prestito, mentre le piccole e medie imprese dell’economia reale restano ancora senza credito, a causa dell’alto rischio.