Le ultime indagini condotte dall'Aibe, l'Associazione italiana banche estere, hanno rivelato che burocrazia, normative e fisco scoraggiano sempre di più l'iniziativa delle banche straniere nel nostro paese sul medio e lungo periodo.
L’Italia non è più un paese per banche estere. Detto in altre parole, il nostro paese non è più attraente come un tempo per gli investimenti delle grandi società di credito esistenti in Europa e nel resto del mondo. A rivelarlo sono le ultime statistiche internazionali, che hanno denunciato, anche dal punto di vista del fronte italiano, una riduzione generale dei costi e degli investimenti.
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Se si guardano infatti i piani di sviluppo aziendale dei prossimi anni delle più grandi banche italiane, si vede che entro il 2017 il gruppo Intesa Sanpaolo prevede di chiudere poco meno di 2000 sportelli, il gruppo Unicredit di chiudere circa 500 sportelli entro il 2018 e Monte dei Paschi di Siena di disattivarne circa 200.
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Le banche italiane presenti sul territorio hanno quindi iniziato una massiccia riconversione. Ma in Italia vi sono anche numerosi istituti di credito esteri che operano all’interno del territorio nazionale, i quali sono una possibile fonte di capitali ed investimenti. Le ultime indagini condotte dall’Aibe, però, l’Associazione italiana banche estere, hanno rivelato che burocrazia, normative e fisco scoraggiano sempre di più l’iniziativa delle banche straniere nel nostro paese sul medio e lungo periodo.
Secondo l’indice Aibe – Index il grado di attrattività dell’Italia, da 0 a 100, è pari solo a 33. Le parti basse di questa graduatoria sono occupate oggi da Russia, Spagna e Francia. Al vertice della classifica, invece, ci sono i colossi del commercio e dell’economia mondiale, come Stati Uniti, Cina e Germania.