E’ di poco al di sotto dei 20mila euro il debito medio delle famiglie consumatrici italiane, generato dall’accensione di mutui per l’acquisto della casa, dai prestiti per l’acquisto di beni mobili, dal credito al consumo, dai finanziamenti per la ristrutturazione di beni immobili. Al 30 settembre scorso, secondo dati della CGIA di Mestre, il debito ha raggiunto infatti i 19.491 euro. Questo significa che, rispetto alla fine di settembre 2008 (momento in cui data per l’Italia il coinvolgimento nella crisi finanziaria che ha avuto ripercussioni sull’economia reale), l’indebitamento medio nazionale è cresciuto del 28,7%.
Buona o cattiva notizia, non possono essere solo questi dati a stabilirlo: indebitamento privato certo non è sinonimo di ottima salute, dal momento che è stato proprio questo a stravolgere la situazione dell’economia negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e -come abbiamo visto di recente- in Irlanda. Per contro, però, disponiamo di dati che rivelano come i mutui siano tornati a crescere con percentuali a due cifre nell’ultimo anno (+14% circa) mentre il credito “spiccio” abbia registrato una brusca frenata (-5) anche a seguito delle vicende di American Express e delle conseguenti indagini di Bankitalia sull’universo delle carte revolving.
In sostanza, insomma, sarebbe bene capire quanto di questo 28,7% si riferisca a un incremento dello sforzo per investimenti atti a farsi trovare pronti quando arriverà una ripresa in futuro e quanto invece sia stato dedicato alla sopravvivenza di un nucleo familiare che ha perso le fonti di reddito, o le ha viste ridursi. In effetti, il dato più allarmante (almeno secondo Giuseppe Bortolussi, segretario della CGIA di Mestre) è quello “relativo all’incidenza percentuale delle sofferenze sull’erogato calcolate per area geografica“. Guardando al valore, infatti, si scopre che nelle prime posizioni si trovano tutte le realtà del Mezzogiorno d’Italia, quasi a dimostrare che la crisi ha colpito soprattutto le aree economicamente meno avanzate del Paese.
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