Secondo l’Antitrust, nonostante il motivo di contrasto all’evasione fiscale sa lodevole, la tassa Airbnb non è applicabile nelle modalità perché vanno a scompensare gli equilibri della concorrenza. La tassa sul famoso portale di intermediazione per gli affitti temporanei per motivi di vacanza dunque non è applicabile secondo l’autorità. Si trattava di una tassa del 21% che gli intermediari avrebbero dovuto riscuotere per il fisco italiano. Airbnb non può essere dunque un sostituto d’imposta per conto dello stato, così come gli altri portali del settore, per la famosa tassa partita a settembre e che aveva scatenato le risposte della famosa azienda. Secondo l’autorità questa situazione è del tutto esclusiva in Europa, e l’Italia sarebbe l’unico paese ad obbligare i portali a questo ruolo. La Airbnb aveva deciso di non raccogliere la tassa e opporsi alla regolamentazione del governo, mentre gli altri siti web stavano già operando come sostituti d’imposta. Al contrario del Tar del Lazio però, l’Antitrust ha accolto le motivazioni del famoso portale. Tutta “colpa” dei sistemi di pagamento digitali, per cui la regolamentazione sarebbe stata creata, che porterebbero ad un ingiusto disequilibrio rispetto alle aziende tradizionali che non usano i pagamenti online. Le aziende classiche che accettano anche contanti possono evitare di svolgere il ruolo di sostituto d’imposta e questo creerebbe una discriminante concorrenziale tra i due modi di fare impresa nel settore. Inoltre così si farebbero preferire i contanti piuttosto che i pagamenti digitali.
No a tassa Airbnb dall’Antitrust
di 27 Novembre 2017Commenta