Se non si tratta di una sentenza da record, poco ci manca. E può finalmente esultare la Banca Popolare di Bari, che nel 2013 ebbe gravi ripercussioni a bilancio dopo l’acquisizione della Cassa di Risparmio di Teramo, che in quel periodo stava attraversando una fase di profonda crisi ed era stata commissariata da parte di Bankitalia. Dopo quattro anni arriva finalmente alla conclusione la prima causa civile iniziata da un’azione di responsabilità che prende di mira degli ex banchieri. Una svolta epocale e un precedente degno di nota che si potrà prendere come spunto anche per i vari crac bancari che si sono susseguiti nel corso degli ultimi anni.
Un risarcimento da ben 368 milioni di euro, che crea un precedente importante, anche nell’approccio rispetto ad ex banchieri che hanno tenuto una gestione quantomeno fallimentare. E d’altronde la cifra che devono Di Matteo e Di Gennaro, rispettivamente 192 e 172 milioni di euro non lasciano molto spazio a tanti commenti.
Il risarcimento sarà dovuto alla Popolare di Bari, che ha confidato in tutto questo tempo nell’azione e nei controlli dei giudici del Tribunale dell’Aquila, presso cui è stata avviata l’azione di responsabilità. I giudici, quindi, hanno messo in evidenza le molteplici irregolarità di cui si sono resi protagonisti Di Matteo e Di Gennaro durante le rispettive gestioni, che in un periodo hanno anche coinciso.
Infatti, Antonio di Matteo è stato direttore generale della Cassa di Risparmio di Teramo dal 2005 al 2011, mentre Di Gennaro ha ricoperto la carica di vice presidente dal 1998 fino al 2010. Soprattutto nel primo caso, però, sono emerse irregolarità di assoluta rilevanza. Ad esempio, in tema di concessioni di fidi, i giudici del Tribunale dell’Aquila sottolineando le sventurate concessioni di fidi ad alcuni gruppi, così come i 10 milioni che sono stati persi con il Gruppo Samorì.