Da pochi giorni è entrato in funzione il “temuto” redditometro, il nuovo strumento con il quale l’Agenzia delle Entrate puntano a scovare gli evasori italiani, confrontando i redditi dichiarati con le spese effettuate. Cerchiamo dunque di comprendere in che modo funzioni questo strumento e, soprattutto, quanto sia rilevante il mutuo casa ai fini dei conteggi effettuati dal dispositivo anti-evasione predisposto dal Fisco tricolore.
Il funzionamento del redditometro è concettualmente molto semplice, pur non infallibile. Il redditometro è infatti in grado di calcolare le spese effettuate da un soggetto nell’arco di un periodo di tempo definito, e confrontare le stesse con i redditi che sono stati dichiarati alla stessa Agenzia delle Entrate. Se la differenza tra le spese effettuate (e, di conseguenza, il reddito presunto) e il reddito dichiarato è maggiore del 20%, scatta la possibilità di effettuare ulteriori accertamenti da parte del Fisco, previa convocazione del cliente (il quale avrà pertanto la possibilità di spiegare la natura di questa differenza, riconducibile – ad esempio – a una donazione).
Ebbene, all’interno del lungo elenco di spese che il redditometro punta a monitorare, vi è senza dubbio anche quella, principale, del mutuo casa. Non solo: sempre in ambito creditizio – immobiliare, costituiscono elementi all’attenzione dell’Agenzia delle Entrate le spese per la ristrutturazione delle proprietà immobiliari (e conseguenti finanziamenti destinati alla ristrutturazioni), operazioni di manutenzione straordinaria delle unità abitative, e così via (scopri anche come risparmiare sulle rate del mutuo).
Nel contesto bancario trovano spazio anche la stipula di polizze assicurative, contributi previdenziali, azioni, obbligazioni, conferimenti, quote di partecipazioni, fondi di investimento, derivati, certificati di deposito, pronti contro termine, buoni fruttiferi postali, conti di deposito vincolati, altri titoli di credito, altri prodotti finanziari in euro o in valuta estera, depositi in oro o in oggetti preziosi e qualsiasi altro investimenti volontario effettuato (anche in polizze vita).
Rimane invece da comprendere se tutto ciò possa essere – o meno – realmente efficace per combattere la piaga dell’evasione fiscale.