I risparmiatori italiani stanno studiando insieme ai loro consulenti alcune possibili soluzioni per non pagare questa imposta che si configura sempre di più come una piccola patrimoniale.
A partire dal prossimo 1 luglio per volere del governo l’aliquota dell’imposta sui rendimenti finanziari passerà dall’attuale 20 per cento al futuro 26 per cento, almeno sulla maggior parte degli strumenti finanziari.
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I risparmiatori italiani stanno così studiando insieme ai loro consulenti alcune possibili soluzioni per non pagare questa imposta che si configura sempre di più come una piccola patrimoniale. Esistono però delle opzioni che ho maniera legale permettono di tutelare le proprie plusvalenze dalla pressione fiscale. Ecco quali sono.
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Soluzioni per non pagare l’imposta sulle rendite finanziarie
La prima soluzione possibile è quella di applicare la tattica dell’affrancamento, una soluzione possibile nei casi di cambio di regime fiscale, che consiste in una vendita figurativa a carico degli intermediari che si applica all’ intero portafoglio titoli, quindi magari anche a quegli strumenti che producono plusvalenze latenti e che sarebbe meglio mantenere nel tempo.
La seconda soluzione consiste invece in una vendita reale di alcuni titoli, che dovrebbe cadere prima del 1 luglio 2014 ed essere seguita da un riacquisto successivo. Si tratta però di una opzione che risulta conveniente solo se i costi di transizione per questa operazione sono inferiori al 6 per cento delle minusvalenze teoriche.
La terza soluzione possibile sarebbe quella di non fare praticamente nulla e accettare l’aumento della tassazione al 26 per cento, un aumento che sarà per sta natura retroattivo e quindi andrà ad investire anche guadagni passati.
Lo scatto della nuova aliquota sarà infatti automatico e retroattivo, cioè investirà anche i rendimenti passati, e quindi potrebbe portare a pagare anche su una plusvalenza che non si pensava di realizzare e che d’ora in avanti andrà divisa con lo stato.